Quattro chiacchiere con...

Hai voglia di presentarti a tutti noi?
Ciao, sono Max Blardone ho 42 anni e nella vita ho sempre fatto lo sciatore: dall’età di 3 anni ad oggi. Ho sempre occupato praticamente tutto il mio tempo dedicato allo sport, nel mondo della neve. Ho fatto il professionista e ho vestito la maglia azzurra della nazionale per 16 anni in Coppa del Mondo e altri 4 nelle categorie giovanili, sempre in gare internazionali e tuttora milito all’interno della Federazione come allenatore della squadra C del junior team e questo da tre anni. Pertanto il mio percorso totale e fino a questo momento è intorno ai 23 anni di Federazione Italiana Sport Invernali.

Ci dici quali sono la tua più grande qualità ed il tuo più grande difetto?
La mia più grande qualità credo sia stata e lo sia tuttora, l’impegno e la dedizione che mettevo da atleta per il raggiungimento dei miei obietti, obiettivi che mi ero prefissato: facevo di tutto, sia dal punti di vista fisico che mentale, prima ancora di andare sulle piste di allenamento. Quindi questa è sempre stata una grande qualità, riconosciuta anche dall’esterno. E per quanto riguardo il mio più grande difetto credo, anzi ne sono certo, sia la franchezza nel dire le cose come stanno, nel bene e nel male… E purtroppo molte volte questo è stato frainteso oppure è stato un limite che ha condizionato anche in alcuni frangenti la mia carriera.

Qual è stato il momento più buio della tua carriera?
Il momento più buio della mia carriera se c’è stato è arrivato intorno al 2015 quando da un paio di stagioni, non riuscivo a fare quanto mi prefiggevo per una serie di fattori dovuti al cambiamento dei materiali (si era passati dallo sci 27 metri al 35 metri di raggio). Ho fatto fatica ad adattarmi e a trovare un partner e quindi una marca di sci che potesse così accompagnare quello che era il mio sviluppo: lì ho faticato un po’! Poi sono riuscito a sistemarmi e a ritornare nella stagione 2016, la mia ultima stagione di Coppa del Mondo, sul podio in Giappone con un bellissimo terzo posto partendo con il pettorale 27, a 37 anni. E quindi questo credo sia stato il momento buio ma anche di luce, prima di ritirarmi.

Quale è stato il momento più brillante della tua carriera?
Credo che il momento più brillante della mia carriera sia stato nella stagione 2011/2012 quando con il pettorale numero 19 in Alta Badia e nel momento in cui tutti mi davano già a fine carriera, vinsi per la terza volta sulla mia Gran Risa: da lì si è rilanciata una stagione ricca di successi con 6 podi su 8 gare di Coppa del Mondo e una quantità di podi che nelle altre stagioni non si è mai ripetuta. Quello è stato l’apice della mia carriera a livello di quantità di risultati durante una stagione… Direi che al di là di quella stagione, è stata comunque una carriera brillante.

Quale è stato il momento più divertente della tua carriera?
Direi che il momento più divertente della mia carriera è rappresentato da tutte le gare di Coppe del Mondo che ho fatto. Ogni volta che aprivo il cancelletto mi divertivo perché era il momento nel quale dovevo mettere in campo il mio valore e sapevo benissimo che in gara il mio rendimento era ben superiore a quanto facevo in allenamento. E quindi io mi divertivo perché sapevo che portandomi al limite riuscivo a portare a casa il risultato.

Quali sono i consigli che daresti ad un giovane che intende seguire i tuoi passi sotto il punto di vista della tua carriera sportiva?
Senza dubbio direi che per raggiungere determinati risultati bisogna lavorare sodo, a testa bassa: non c’è Natale, non c’è Capodanno, non c’è Ferragosto… Ci si deve allenare con metodologia, con consapevolezza di quello che si sta facendo e soprattutto mirando quello che è la preparazione fisica in base allo sport che si pratica, perché non basta allenarsi ma bisogna mirare all’allenamento giusto per riuscire a portare a casa il risultato. E poi è la lealtà e questo è un altro punto importante: lealtà e sincerità, sportività; ma soprattutto saper perdere perché il giorno che si accetta la sconfitta iniziano i successi. E questo diventa poi un punto di forza a favore, dove indubbiamente si mette un tassello importante per il raggiungimento di tanti altri risultati in positivo.

Spostiamo le lancette dell'orologio in avanti di 10 anni: chi sarai? Cosa starai facendo? In che veste ti immagini?
Tra dieci anni avrò 52 anni e il mio primo figlio Alessandro - il primo dei tre, perché poi ci sono Ginevra e Beatrice che ha 4 mesi, l’ultima - avrà 20 anni e Ginevra 16 e Beatrice, la piccolina, ne avrà 10. Saranno tutti quindi molto grandi e mi auguro di potergli dedicare più tempo possibile, sperando appunto che nel loro percorso di vita abbiano intrapreso anche un percorso sportivo oltre che scolastico di formazione: cosa che è importante, necessaria e fondamentale. Questo per poter dare loro in ambito sportivo quell’esperienza, quella capacità e quella consapevolezza che mi sono creato io personalmente nel tempo. Credo che questo supporto possa essere, vedendo quello che è l’ambito sportivo diciamo così di questi ultimi anni, il valore aggiunto di uno sportivo professionista: in tantissimi sport il successo è dato anche da un percorso famigliare condiviso. Per quanto mi riguarda, potrei fare tanti esempi, ma non vorrei dimenticare nessuno e quindi evito… Ribadisco comunque che oggigiorno il valore aggiunto del professionista di alto livello dipende dai consigli, da un percorso magari già intrapreso precedentemente dal papà, piuttosto che dalla mamma: ritengo questo sia un gran valore aggiunto ed è per questo che mi auguro di poterlo donare a loro.

Ti và di condividere con noi il tuo più grande sogno a livello sportivo e a livello personale?
A livello sportivo il mio più grande sogno che si è avverato è stato quello di vincere una gara di Coppa di Mondo, anzi tante gare di Coppa del Mondo. Ci sono riuscito su piste memorabili come la Gran Risa dell’Alta Badia per ben 3 volte, quindi su una delle classiche della stagione. Una vittoria e quattro podi sulla Chuenisbargli ad Adelboden, un’altra pista unica al mondo e storica per quanto riguarda la disciplina dello slalom gigante. E poi tantissimi altri risultati: 25 podi di Coppa del Mondo…Credo che questo sia stato un grande sogno a livello sportivo perché oltre a render felice la mia carriera da atleta, ho fatto divertire tante persone, ho fatto appassionare ancora di più, dopo il ritiro di Alberto Tomba, persone che magari si erano un po’ allontanate dallo sci e questa è stata una grande soddisfazione. Abbiamo rilanciato la nostra nazionale e ancora oggi questo è riconosciuto da parte delle persone: per me è un grande sogno, ma soprattutto una grande soddisfazione. A livello personale direi che ho già risposto con quello che ho detto adesso.

Quale è il tuo articolo preferito di Salice? Ci spieghi il perché di questa preferenza?
A dir la verità ne ho due e che si accoppiano. Il primo è la maschera 102: fantastica, tutta lente, poco telaio (almeno visibilmente) e una lente cilindrica ma soprattutto fotocromatica. E quindi questo sistema di lente che in base alla quantità di luce si adatta e rende questa lente più o meno specchiata è qualcosa di eccezionale. E poi con una qualità della lente strepitosa perché Zeiss sappiamo benissimo che è un’azienda leader a livello mondiale per quanto riguarda la qualità delle lenti. Un altro particolare di questa maschera sono poi le clip, che tengono il nastro, intercambiabili. In base a quello che è il tuo abbigliamento, piuttosto che l’accoppiamento col casco, c’è quindi la possibilità di cambiarli e questo secondo me rende ancora più ricco questo modello. Poi per quanto riguarda l’accoppiamento che stavo dicendo, si abbina molto bene con il casco Eagle: è un casco che ha delle caratteristiche strepitose grazie alle sue cover intercambiabili (colorate o con la linea Italia) che sono un qualcosa di innovativo che già da tempo abbiamo - e dico abbiamo perché mi sento parte integrante dell’azienda - inserito sul mercato. Particolare questo che ha rappresentato una strategia vincente. Il bello di questo prodotto è poi che si sviluppa in due taglia, che vanno da XS, quindi da 52 a 56 di calotta, a un XL da 56 a 62, che si possono quindi adattare a qualsiasi tipo di testa: grazie a questo sviluppo siamo così riusciti ad adattare un simile prodotto ad ogni tipo di situazione. E tutto questo grazie al rotore che abbiamo sulla parte posteriore della calotta: stringendolo, girandolo quindi in senso orario, va a stringere quindi a diminuire la taglia; mentre in senso antiorario va ad allargare, quindi ad aumentare quelle che sono le taglie. Il tutto mantenendo un’ottima anatomicità: aspetto fondamentale quando si ha un prodotto che si sviluppa con un gioco così importante di taglie.



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